Lo dice uno studio, e non ci crediamo. E non lo scrivo io!
Un tempo si diceva “il cliente ha sempre ragione”. Oggi invece pare che anche il dipendente, se ascoltato, possa far schizzare l’azienda (e il cash) alle stelle.
Non è una trovata per vendere manuali di self-help, ma roba seria: lo dice la Harvard Business Review. E quando quelli di Harvard parlano, anche i manager più scettici drizzano le orecchie. Gli espertoni stanno valutando, infatti, che il lavoro non è solo lavoro, ma un prodotto. Proprio come un telefono o una birra artigianale. E chi è il consumatore di questo prodotto? Esatto, il dipendente. Se non gli piace cosa offre l’azienda, prima o poi saluta, ringrazia e lascia un bel buco nel team.
Se vi sembra esagerato, pensate al fenomeno delle “grandi dimissioni” post-pandemia, anche se ora pare che il trend si sia invertito. Gente che mollava il posto di lavoro come se fosse un vecchio maglione infeltrito. E perché? Non solo per i soldi (anche se quelli aiutano, diciamocelo), ma per cose come il work-life balance, l’inclusività e un ambiente che non ti faccia venire l’orticaria ogni lunedì mattina. E a proposito di Covid, quando c’era la pandemia, tutti a casa in smart working. Sembrava una pacchia, ma poi molti capi hanno iniziato a storcere il naso: “Troppa flessibilità fa male ai grafici!”. E invece…sorpresa, i lavoratori lo adorano. Non si tratta di poltrire in pigiama, ma di sentirsi più liberi e produttivi.
Chi non capisce questa esigenza rischia grosso: gente che sbatte la porta e cerca un’azienda che capisca davvero cosa vuol dire “lavorare bene”. A ribadire il concetto c’è Stephan Meier, il prof della Columbia Business School che di ste cose ne sa un botto e che nel suo libro The Employee Advantage spiega come mettere i dipendenti al centro non sia solo una questione di buon cuore, ma una strategia vincente. Le aziende che trattano bene i loro collaboratori non solo fatturano di più, ma innovano meglio. Praticamente un win-win: felici loro, felice il bilancio.
Che raga, sembra una cazzata, eppure sappiamo bene che non è così scontato trovare aziende e capi di aziende che abbiano capito la cosa.
Ma cosa vuol dire, in pratica, “ascoltare i dipendenti“? Non basta fare la riunione annuale con le brioche. Parliamo di creare spazi di dialogo veri, di dare importanza al feedback e, soprattutto, di agire di conseguenza. Se un dipendente dice che l’ufficio sembra un bunker, magari metti due piante e apri una finestra e lui ti ripagherà. Il messaggio per i boss? Cambiare o sparire: le aziende che non si aggiornano resteranno indietro. E no, non basta un ping pong in sala relax per fare i fighi: serve una rivoluzione vera. Il dipendente felice lavora meglio e fa guadagnare di più. Quindi, cari manager, fatevi furbi: ascoltate la squadra. Perché un dipendente soddisfatto non è solo una buona pubblicità, ma una macchina da guerra per il business.
Autrice: Rebecca Manzi
fonte https://imbruttito.com/2025/01/10/ascoltare-dipendenti-azienda?fbclid=IwZXh0bgNhZW0CMTEAAR1PO-DBNUD_ZK7YGOTa_-B1QWBLjetoUwPRdY7Qe4V67fbXjTFqw3dhl0Q_aem_bp9EFTYHBvask8C9DRZBvA